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Le emozioni nel piatto

Quanto conta la motivazione?

Quanto conta la motivazione?

“..…….come faccio a dirti che non mi faccio toccare da nessuno perché ho schifo di me stesso anche se poi accuso gli altri di starmi lontani? Come faccio a dirti che mangio per non sentire tutto il dolore che non penso di poter contenere, anche se poi quel cibo nutre un dolore ancora più grande? Più grande della mia pancia senza fondo, della mia paura del mondo, del mio sentirmi sempre impotente, sempre incapace, sempre fuori posto?…….”

Ho voluto introdurre l’argomento citando Giorgio Prosperi dal suo libro “HO MANGIATO ABBASTANZA”, perché la sua testimonianza dettagliata e dolorosa illustra alla perfezione una realtà condivisibile dalla maggior parte delle persone obese.

E non a caso parlo di personee non di pazienti per non commettere l’errore diffuso di concentrarsi esclusivamente sulla patologia.

Ippocrate scriveva: ” Occorre considerare l’uomo come un tutt’uno con l’ambiente che lo circonda, analizzare le stagioni, il loro mutare ed evolvere, nonché la loro influenza sul corpo umano, non solamente dal punto di vista fisico, ma anche psicologico, i venti (…..), le acque sorgive (…..), le posizioni nelle quali si trovano le varie città (…..) il particolare tipo di vita degli abitanti (…..)”

E’ il superamento di quello che Edgar Morin chiama il “il paradigma della semplificazione” che costringe a “studiare l’uomo biologico nel dipartimento di biologia, come essere anatomico e fisiologico, e l’uomo culturale nei dipartimenti delle scienze umane e sociali”

Quando ci si rivolge ad un professionista per perdere peso, si sta chiedendo aiuto per cambiare il proprio stile di vita, se non completamente, almeno in parte. Iniziare a considerare di rimodulare il modo di pensare al cibo e al suo utilizzo: gli alimenti scelti, le quantità introdotte, gli orari in cui consumare i pasti. Tutti aspetti che devono trovare una nuova collocazione tra le proprie priorità e la propria scala di valori.

L’obiettivo non è semplice né immediato; scalare la montagna del cambiamento è faticoso: inizialmente si tentenna, dopo si rallenta, e in ultimo, spesso, ci si inchioda, fino a pensare di non essere in grado di farcela.

Qualunque sia l’ostacolo al cambiamento, il nutrizionista può influenzare il processo, in senso positivo, ma a volte, purtroppo, in senso negativo, è bene riconoscerlo. La differenza la fa l’empatia, ossia la capacità di creare un canale comunicativo per comprendere le difficoltà e le preoccupazioni.

Non si può e non si deve “forzare un cambiamento” se non si è pronti.

Non è una resa, ma l’accettazione di aver bisogno di più tempo per maturare consapevolezza e motivazione

Il momento giusto arriva, bisogna “ascoltarsi” e riconoscerlo