Programmi dietetici
La parola “dieta”spesso evoca pensieri negativi, sinonimo di privazioni e rinunce. In realtà, ormai lo sappiamo, il termine dieta, di derivazione greca, significa stile di vita, quindi non solo alimentazione, ma un insieme di scelte salutistiche che comprendono l’attività fisica, piuttosto che la qualità del sonno e la cura della persona.
Un programma alimentare è tanto più corretto quanto più è cucito sulle specifiche esigenze della persona e del momento. Può essere un programma di dimagrimento, calibrato con differenti protocolli dietetici, oppure un piano di rieducazione nutrizionale associato alla terapia di una patologia. Tutto inserito nel percorso e mindset di CIBOEMOTIVO.
Non dobbiamo dimenticare che l’obesità è una patologia e come tale richiede, anche e soprattutto dal punto divista nutrizionale, la stessa attenzione e perseveranza osservata nel trattamento di qualunque altra patologia. L’obesità è un fattore di rischio che funziona come amplificatore in presenza di altri fattori quali il diabete, l’ipertensione, le dislipidemie, problemi articolari e mobilità, e come si è visto di recente anche in corso di infezioni virali (Covid-19). Lo stato infiammatorio generato dall’eccesso di tessuto adiposo si ripercuote sull’intero organismo.
Dieta chetogenica (1)

La Dieta Chetogenica VLCKD (Very Low Calorie Ketogenic Diet) è un protocollo dietetico a forte restrizione calorica. Nel programma sono estremamente ridotte le quantità di grassi e carboidrati, mentre l’introito proteico è “normale”, ossia calcolato in base ai fabbisogni standard dell’individuo.
Quindi la dieta chetogenica non è una dieta iperproteica
La drastica riduzione di carboidrati prevista dal protocollo, che ricordo essere scientificamente validato, attiva il meccanismo di chetogenesi, in seguito al quale, l’organismo inizia a consumare le proprie riserve di grasso, immettendo in circolo i corpi chetonici che diventano la principale fonte energetica, al posto del glucosio. I corpi chetonici sono responsabili del cosiddetto “effetto antifame” e restituiscono un maggior senso di benessere e di energia. Quindi non più fame e stanchezza, tipici effetti collaterali di una classica dieta ipocalorica.
Uno dei principali benefici della dieta chetogenica è l’abbassamento dei livelli di insulina e soprattutto la riduzione dei suoi picchi, principali responsabili di danno metabolico. Per queste peculiarità, il protocollo chetogenico VLCKD risulta essere particolarmente indicato nell’obesità, cui spesso si associa il diabete mellito di tipo 2, l’ipertensione e le dislipidemie, come pure in patologie in cui si manifesta la resistenza insulinica, come nel caso di ovaio policistico (PCOS).
La chetosi che si instaura in questo regime alimentare è un meccanismo fisiologico che non ha alcuna attinenza con condizioni patologiche come la cheto-acidosi diabetica in cui i chetoni si accumulano con gravi conseguenze. Parliamo in questo caso di diabete mellito di tipo 1 che rappresenta una chiara controindicazione alla dieta chetogenica.
Per nulla trascurabile, inoltre, la motivazione del paziente, che viene rafforzata dalla rapida perdita di peso con contemporanea salvaguardia della massa muscolare. L’ottimo risultato conseguito nelle fasi iniziali stimola e consolida l’adesione al programma sino alla transizione verso un percorso di rieducazione alimentare assicurando la stabilità del risultato al momento del passaggio ad un’alimentazione sana, ma più tradizionale.
IL PROTOCOLLO VLCKD (in cosa consiste)
Nello specifico, il protocollo VLCKD si basa sul consumo di alimenti progettati con proteine di alto valore biologico, in associazione a porzioni di verdure. L’uso di questi prodotti certificati ad alto profilo nutrizionale permette di elaborare diete fortemente ipocaloriche (800 kcal/die circa) limitando nel contempo l’assunzione di proteine da alimenti naturali (soprattutto animali). Il protocollo prevede diverse fasi: la prima fase d’attacco è quasi totalmente sostenuta con pasti sostitutivi e verdure fresche. Le fasi successive sono caratterizzate dalla progressiva reintroduzione di cibi naturali secondo una precisa programmazione, sempre elaborata su misura, caso per caso. La durata del programma chetogenico e la relativa modulazione in fase di reinserimento, viene stabilita in base alle esigenze specifiche della persona.
Digiuno Intermittente

E’ opinione diffusa che il digiuno determini una condizione di debolezza, stanchezza, malnutrizione e chiaramente questo accade se il digiuno è completo e soprattutto prolungato. Siamo abituati a pensare che un corretto schema dietetico debba necessariamente essere strutturato in 3-5 pasti giornalieri e che sia sconsigliato saltare i pasti.
In realtà quando si mangia meno si attivano meccanismi metabolici in grado di assicurare la resistenza alla fatica conservando energia e benessere.
Nel digiuno intermittente (IF), come si può intuire dalla definizione, non è prevista l’esclusione totale dell’alimentazione, bensì un programma strutturato in cui si alternano periodi di digiuno a periodi di alimentazione o iperalimentazione all’interno di precise fasce temporali.
Uno degli schemi di IF più noti è la “fast diet” che consiste nell’alternanza di 2 giorni alla settimana di restrizione calorica e 5 giorni di normale regime alimentare.
Lo schema più diffuso ed anche di più facile gestione è il 16:8 che comprende uno spazio temporale di 16 ore di digiuno, comprensive del digiuno notturno, e 8 ore di alimentazione. Applicando questo schema è quindi possibile prolungare il digiuno notturno eliminando la colazione (quindi mangiando dalle 12:00 alle 20:00), oppure eliminando la cena (quindi mangiando dalle 8:00 alle 16:00).
Un’ulteriore forma di digiuno intermittente è quella proposta dal Dott. Valter Longo, la cosiddetta Dieta Mima Digiuno (DMD) che prevede un’importante restrizione calorica di 5 giorni consecutivi ogni 3-6 mesi.
La letteratura scientifica sul digiuno intermittente è molto ricca e in continuo aggiornamento; gli studiosi sono concordi nel dire che il digiuno intermittente ha mostrato benefici sul controllo del peso migliorando l’insulino-resistenza e riducendo i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari.
Inoltre, la restrizione calorica elaborata nei programmi di IF ha l’ulteriore vantaggio di preservare la massa magra e la forza muscolare, intervenendo prioritariamente sulla massa grassa.
I benefici del digiuno intermittente non si limitano al controllo del peso corporeo, ma più in generale, l’organismo viene stimolato ad attivare meccanismi di resistenza a stress di tipo fisico, chimico e biologico, rafforzando le proprie difese.
L’IF è da interpretare come uno strumento atto a migliorare lo stile di vita, inserendolo in modo programmato nella nostra alimentazione, più che come una dieta dimagrante.
Dieta Fodmap

L’ acronimo FODMAP sta per Fermentable Oligosaccharides Disaccharides Monosaccharides And Polyols.
La Dieta FODMAP nasce come approccio nutrizionale al trattamento della Sindrome del Colon Irritabile (IBS), una condizione patologica estremamente diffusa. Dolori addominali, pancia gonfia, disturbi della regolarità intestinale, sintomi che tutti hanno provato almeno una volta ma che in alcune persone possono perdurare per lungo tempo alterando notevolmente la qualità di vita.
La sintomatologia che interessa tutto il tratto gastrointestinale, esacerbata in buona parte dal tipo di alimentazione, è spesso accompagnata da condizioni di stress psicologico, stati d’ansia, deflessione del tono dell’umore, che inducono uno stato di tensione in grado di tradursi in stipsi, diarrea, meteorismo e dolori addominali. Questo indica una volta di più la stretta connessione tra il “primo” e il “secondo” cervello, il Sistema Nervoso Centrale e il Sistema Nervoso Enterico che interagiscono in risposta a stimoli sia interni che esterni.
In questo quadro complesso gli alimenti possono agire come fattori eziopatogenetici scatenanti o esacerbanti della sintomatologia. I FODMAP vengono considerati tra gli alimenti maggiormente indiziati in quanto responsabili di processi di iperfermentazione.
Ma cosa sono i FODMAP?
I FODMAP sono zuccheri a catena corta: fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli (sorbitolo, mannitolo, maltitolo, xilitolo, e isomalto). Si trovano in tantissimi alimenti, come il frumento, i latticini e alcune specie vegetali di frutta e verdura. Sono molecole di piccole dimensioni, scarsamente assorbite nel piccolo intestino, dalle proprietà osmotiche (richiamanti acqua) che vengono rapidamente fermentate dal microbiota del colon e che, in un substrato sensibile, possono scatenare diarrea e dolori addominali.
Una dieta a basso contenuto di FODMAP aiuta a ridurre i sintomi tipici della Sindrome del Colon Irritabile. Una delle maggiori fonti di FODMAP è rappresentata dal frumento e dai suoi derivati ed è per questo che un protocollo FODMAP prevede anche l’esclusione del glutine. La Dieta FODMAP consente di conoscere meglio gli alimenti e sondare quali possano generare maggiori disturbi, favorendo così una maggiore consapevolezza nelle scelte alimentari. E’ importante chiarire che i cibi, anche quelli meno tollerati, non devono essere esclusi totalmente in modo permanente, ma vanno assunti con moderazione dietro consiglio di uno specialista che possa strutturare un percorso nutrizionale rieducativo ed elaborare programmi dietetici che assicurino il corretto apporto di tutti i valori nutrizionali necessari.
La Dieta FODMAP prevede una prima fase di esclusione di determinati alimenti ad alto contenuto di FODMAP. In fasi successive, e dopo aver valutato i miglioramenti del quadro sintomatologico, si procede con le reintroduzioni. Si reintegra un alimento alla volta che contenga uno solo dei cinque zuccheri a catena corta e tra un inserimento e il successivo occorre lasciar passare almeno 4-5 giorni, per valutare la tollerabilità di ognuno.
Attraverso la selezione, la modulazione e l’inserimento programmato degli alimenti inizialmente esclusi, viene elaborato il programma dietetico studiato di volta in volta sulle peculiarità ed esigenze della singola persona.
Dieta Mediterranea

COSA NON E’ LA DIETA MEDITERRANEA
La Dieta Mediterranea NON E’ PASTA E PIZZA, o per lo meno non lo è sistematicamente!
COSA E’ LA DIETA MEDITERRANEA
E’ uno stile alimentare in cui noi ci riconosciamo per cultura e tradizioni familiari. Se rispettata nei suoi canoni classici è l’obiettivo cui mirare a partire da una condizione di normopeso.
La Dieta Mediterranea è fortemente connotata da piatti della tradizione, quel genere di preparazioni, generalmente frugali, ma a volte molto ricche, che per i nostri nonni erano i piatti delle feste, delle grandi occasioni. Per noi, nel tempo, grazie a maggiori disponibilità economiche ed aumentati scambi commerciali, questi piatti sono diventati consuetudine.
Intendo dire che:
NON E’ DOMENICA TUTTI I GIORNI e NON E’ FESTA TUTTI I GIORNI
I nostri nonni non mangiavano dolci ogni giorno, non mangiavano pizza ogni giorno, non mangiavano carne ogni giorno. La loro alimentazione era più parca e caratterizzata per lo più da alimenti di origine vegetale. Le scelte alimentari erano dettate da parsimonia e povertà. Erano in prevalenza prodotti ortofrutticoli e moderate quantità di proteine animali frutto di produzione familiare o locale. Grande spazio in tavola era dedicato ai legumi e alle verdure e infatti, andando a ripescare tra le ricette antiche, troviamo tantissimi piatti della cosiddetta “cucina povera”. Anche pasta e cereali erano prodotti assai meno raffinati di quelli che consumiamo oggi e molte specie vegetali, di grano, di leguminose, di frutta, sono state soppiantate da coltivazioni più redditizie ed esteticamente più appetibili. Fortunatamente negli ultimi anni assistiamo ad encomiabili iniziative di recupero di antiche cultivar.
Ma Dieta Mediterranea non è solo Italia, ma prerogativa di tutte le popolazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, con le tante tradizioni e una variegata cultura del cibo. Le differenti declinazioni di Dieta Mediterranea hanno delle basi comuni. Predominano le fonti vegetali; prevalgono cibi freschi fortemente legati al territorio; l’olio d’oliva è la principale fonte di grassi; pesce e carni bianche; moderato consumo di formaggi; basso consumo di carne rossa; ridottissimo consumo di dolci.
La Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea
La più recente versione di piramide alimentare mediterranea coniuga gli aspetti nutrizionali con quelli della sostenibilità alimentare e ambientale. Con una predominanza di scelte alimentari di origine vegetale e riduzione di consumo di alimenti di origine animale, la dieta mediterranea favorisce una minore produzione di gas serra. Ad ogni livello della piramide è associato l’impatto ambientale specifico per quel determinato gruppo di alimenti. Viene suggerito il consumo di prodotti del territorio, a km zero, sia nel rispetto della biodiversità, sia per contenere l’impatto che il trasporto delle merci ha sull’ambiente.
Ma quando pensiamo alla dieta mediterranea dobbiamo includere anche tutto ciò che fa parte delle abitudini di vita e la convivialità che consolidano l’identità culturale propria delle popolazioni del Mediterraneo.